
Granarolo-Begato-Gemignano (GE)
22 Novembre 2020 – 12,6 km
Taccuino di marcia:
“Dalla collina di Granarolo, proseguendo a mezzacosta, contornando il lato ovest del crinale che separa la Val Bisagno dalla Val Polcevera, si toccano piccoli agglomerati di case, distribuite tutte a sud, alla ricerca del sole – soprattutto invernale – circondate dai terrazzamenti agricoli che ancora sopravvivono.
Colline morbide si guardano l’una con l’altra, ma l’aggressione costruttiva dopo la seconda guerra mondiale ha alterato in parte la leggibilità del territorio, rendendo difficile immaginare come dovessero essere questi luoghi due o tre secoli fa, ma anche solo 80 anni fa.
Certo erano luoghi rurali, ma non isolati, piuttosto in continua dialettica con la Superba e il retroterra padano, punti di snodo e di aggregazione per raggiungere i mercati e i punti di interscambio oltre lo spartiacque appenninico.
Una sorta di determinismo geografico rende inevitabili certi tracciati: lo si capisce percorrendoli, osservando la forma dei monti, i solchi tracciati dai rivi, osservando nell’arco della giornata e delle stagioni, ove il sole resiste più a lungo e ove meno.
Camminare può essere uno strumento di conoscenza, di connessione tra il dato documentario e il dato sul campo, è un’operazione di ritessitura concettuale.
Granarolo, Piani di Fregoso, Begato, Campora, Geminiano, Brasile: case contadine, spesso restaurate, costruite longitudinalmente rispetto al sentiero o alla mattonata, con il tetto parallelo al tracciato, molto più raramente perpendicolare, i fianchi rastremati, indizio inequivocabile di una struttura in pietra, finestre piccole, originariamente senza persiane. Questa è l’architettura rurale ricorrente, a tratti ancora leggibile, pur con tutte le compromissioni e gli snaturamenti incorsi negli ultimi decenni.
Toponimi antichi, dalle radici talvolta oscure o solo ipotizzabili, ma vergati nelle pergamene più antiche conservate presso l’Archivio di Stato di Genova, e quindi prova di una continuità millenaria di insediamento.
“In Campo Felegoso et in Zimignano et in Noal et in Sancto Cipriano”, recita un documento tratto dalle carte del Monastero di San Siro, pubblicato qualche anno fa, e che ora son ben contenta di annoverare tra i libri della biblioteca personale.
In realtà non cammino mai da sola, ogni mio passo è in compagnia di qualcosa o qualcuno che è venuto prima.”
Colline morbide si guardano l’una con l’altra, ma l’aggressione costruttiva dopo la seconda guerra mondiale ha alterato in parte la leggibilità del territorio, rendendo difficile immaginare come dovessero essere questi luoghi due o tre secoli fa, ma anche solo 80 anni fa.
Certo erano luoghi rurali, ma non isolati, piuttosto in continua dialettica con la Superba e il retroterra padano, punti di snodo e di aggregazione per raggiungere i mercati e i punti di interscambio oltre lo spartiacque appenninico.
Una sorta di determinismo geografico rende inevitabili certi tracciati: lo si capisce percorrendoli, osservando la forma dei monti, i solchi tracciati dai rivi, osservando nell’arco della giornata e delle stagioni, ove il sole resiste più a lungo e ove meno.
Camminare può essere uno strumento di conoscenza, di connessione tra il dato documentario e il dato sul campo, è un’operazione di ritessitura concettuale.
Granarolo, Piani di Fregoso, Begato, Campora, Geminiano, Brasile: case contadine, spesso restaurate, costruite longitudinalmente rispetto al sentiero o alla mattonata, con il tetto parallelo al tracciato, molto più raramente perpendicolare, i fianchi rastremati, indizio inequivocabile di una struttura in pietra, finestre piccole, originariamente senza persiane. Questa è l’architettura rurale ricorrente, a tratti ancora leggibile, pur con tutte le compromissioni e gli snaturamenti incorsi negli ultimi decenni.
Toponimi antichi, dalle radici talvolta oscure o solo ipotizzabili, ma vergati nelle pergamene più antiche conservate presso l’Archivio di Stato di Genova, e quindi prova di una continuità millenaria di insediamento.
In realtà non cammino mai da sola, ogni mio passo è in compagnia di qualcosa o qualcuno che è venuto prima.”
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